La signora Carmelina era diventata la patetica caricatura di quella che era una volta. La trasformazione era stata graduale, tanto graduale che ella non se ne era affatto avveduta. Parlava, parlava continuamente, persino quando dormiva continuava a torpiloquiare nei suoi sogni e, tra un rantolio e l’altro, sembrava sempre mugugnare qualcosa tra i denti. Di cosa parlasse, questo non se lo chiedeva, e probabilmente, se si fosse fermata a pensarci (cosa altamente improbabile), non avrebbe saputo dirlo nemmeno lei. Era tanto avvezza al pronunciar parole da esser diventata immune a qualsivoglia tipo di malanno di stagione che potesse comportare mal di gola e calo ponderale della voce. Al contempo però aveva quasi perso la capacità di formular ragionamenti che andassero oltre lo spettegolo, il giudizio affrettato e la critica costante. Trovava sempre nuovi pretesti per aprir bocca e sarebbe riuscita a parlar intorno a una singola cosa anche per giorni interi, si fosse trattato anche di un piccolissimo particolare. Era un portento! Poteva tornare sullo stesso argomento anche migliaia di volte, variando l’espressività e la tonalità della voce, accompagnava il verbo con una gestualità sempre diversa da riuscire a far sembrar interessante anche la più sorda banalità.
Mi hai ricordato la signora vestita come un pappagallo di Pirandello
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